Può esistere il rigetto dell’impianto dentale? La risposta, da un punto di vista clinico e di definizione esatta del termine, è no. Questo perché il rigetto sottintende la reazione, da parte dell’organismo e del sistema immunitario, nei confronti di un elemento riconosciuto come estraneo. Il rigetto può interessare un organo oppure o un tessuto, come tipicamente avviene nel caso dei trapianti.

È d’altro canto vero che alcuni pazienti possono presentare allergie, intolleranze o sensibilità a specifici metalli cosiddetti “non nobili”, ma anche in questo caso non si verificherà alcun rigetto dell’impianto dentale perché questi manufatti sono realizzati in titanio, un materiale che l’organismo umano tollera (biocompatibile) perché estremamente puro e decontaminato, e che pertanto non riconosce come estraneo. Al contrario, nel momento in cui l’impianto viene applicato, il corpo lo accetta come “proprio” attraverso il processo di osteointegrazione. La bontà del titanio in ambito clinico è talmente assodata che questo metallo viene utilizzato in modo diffuso anche in ortopedia, chirurgia maxillo-facciale e neurochirurgia, e non si registra storicamente nessuna reazione allergica o di rigetto a questi elementi.

Tuttavia, può accadere che anche il migliore impianto in titanio non riesca ad attecchire. In questo caso si parla non di rigetto dell’impianto dentale ma di “perdita”. Questo tipo di processo può avvenire nelle prime settimane seguenti l’intervento o nei mesi successivi, ma anche anni dopo l’applicazione. Le cause possono essere diverse.

Soprattutto nel caso in cui la perdita dell’impianto dentale avvenga nel breve periodo, è possibile che la ragione sia legata a cattive valutazioni tecniche in corso di intervento. Con errori tecnici intendiamo:

  • L’osso è stato surriscaldato
  • Il tipo di carico è stato valutato in modo errato
  • Il tipo di osso è stato valutato in modo errato
  • Le condizioni di sterilità in campo operatorio non sono state rispettate

In alternativa, la perdita dell’impianto dentale può essere causata da un’infezione batterica nell’area che lo circonda. Quest’ultima può essere provocata da:

  • Un’errata preparazione del cavo orale del paziente
  • Una profilassi errata pre e post-chirurgica
  • Un comportamento errato del paziente dopo l’intervento (un esempio classico è il fumo di sigaretta)
  • Una scorretta, inadeguata, insufficiente o assente igiene orale domiciliare successivamente all’intervento
  • Un’inadeguata o assente igiene orale professionale periodica

Nel caso in cui l’impianto dentale provochi dolore nei tessuti adiacenti, si parla generalmente di perimplantite. Questa è provocata dall’annidamento di batteri sulle superfici dell’impianto e nelle strutture biologiche di sostegno di questo (osso, gengiva) e genera la retrazione dell’osso di sostegno all’impianto stesso. Si tratta quindi di un vero e proprio danno biologico che produce, in termini pratici, la mobilità dell’impianto e che può tradursi nella sua estrazione.

Perimplantite: sintomi

Quali sono i sintomi tipici della perimplantite, che dovrebbero spingere a richiedere subito il consulto di uno specialista così da evitare la perdita dell’impianto?

  • Dolore alla masticazione: tipicamente, la perimplantite può provocare disagio, anche marcato, durante la masticazione sull’area dell’impianto
  • Arrossamento della gengiva: l’area gengivale attorno all’impianto può presentarsi arrossata, gonfia e dolente al tocco
  • Sanguinamento della gengiva: può avvenire anche in assenza di dolore, ma non per questo è un sintomo che deve essere sottovalutato, al contrario
  • Mobilità dell’impianto: il fatto che l’impianto dentale si muova identifica una perimplantite quasi certa, spesso anche in una fase ormai avanzata

In presenza di uno o più di questi sintomi, è assolutamente fondamentale prendere subito un appuntamento con il proprio odontoiatra di fiducia, che dovrà provvedere a un’attenta pulizia e sanificazione dell’area infetta o, in alternativa, valutare un’azione risolutiva più radicale.